Vigneti e Cantine in Manduria
Il nostro Palmento
“Nelle terre del sole,
ove l’uva ai ceppi s’indora,
pavimento è il palmento,
non macina tutto,
battuto di calce e di argille,
non di lastre sconnesse,
atto ai balli sui chicchi graspati,
ammostati,
che rendono vini sublimi
spremuti nei torchi”
Dedidacando alla nostra azienda questi originali versi, l’amico, Professor Rosario Iurlaro, racconta l’essenza ed il significato che si celano dietro la parola “palmento”.
L’etimologia del termine è incerta, si pensa derivi dal sostantivo latino “pavimentum”, parola che proviene, a sua volta, dal verbo “pavire” (battere) .
Un “pavimento” quindi, una vasca larga e poco profonda ricavata dalla roccia, nella quale l’uva, una volta pigiata con i piedi, veniva lasciata a fermentare.
Quello che è certo è che i palmenti narrano una storia antichissima, una storia scritta dall’uomo migliaia di anni fa, che racconta di ingegno, di lavoro, di frutti della terra e flussi migratori lungo quello che, all’epoca, era il grembo della nostra civiltà: il Mediterraneo.
Utilizzato dall’età ellenistica e quella romano imperiale, la struttura e l’uso del Palmento si espandono in tutta l’area del Sud Europa e del bacino del mediterraneo, dalla Georgia al Portogallo, passando per l’Italia, la Spagna e la Francia.
Nelle regioni del Sud Italia, il palmento, trova la sua massima diffusione, evolvendo nella forma architettonica che conosciamo attualmente.
Influenzata dal clima e dalla costituzione del terreno.
Il materiale calcareo, infatti,di cui è formato il suolo, la sua morbidezza e l’attitudine alla lavorazione, fanno in modo che queste cantine siano ricavate, scavando direttamente la duttile roccia.
Così nascono i palmenti nel Sud Italia, nel ventre della terra, al riparo dai climi torridi estivi, nei mesi in cui si raccoglie l’uva, dove tutto fuori è brullo e dorato e le ore del giorno sono scandite dal canto delle cicale.
La nostra azienda familiare, nasce proprio in un vecchio palmento, dismesso sul finire degli anni 60.
Fabbricato nei primissimi anni del 1900, ha la tipica struttura di un opificio di quegli anni, essenziale e funzionale. Stretto e lungo, unisce due strade parallele.
Composto da una navata unica che poggia su volte a stella, tipica espressione dell’architettura del Mezzoggiorno.
Il piano interrato è formato da cisterne di varia grandezza, riprese con il cemento armato nei primi anni 10, che costituiscono lo scavo primario, da cui ha preso vita l’intera struttura.
Sul piano stradale, protetti dalle volte di tufo dipinte da strati secolari di calce, si trovano i classici “fermentini” in muratura. Vasche sopraelevate, con un ampia apertura di carico superiore, per consentire l’ingresso delle uve pigiate ed una bocca di scarico sulla parete frontale, chiusa da un robusto ed antico portello in legno.
Protagonisti indiscussi della vinificazione, i fermentini e le vecchie cisterne in cemento, oggi sono di nuovo attivi.
L’intera costruzione è stata, difatti, restituita all’operosità, dopo un attento restauro conservativo, che ha permesso di riutilizzare tutti gli spazi e le strutture produttive senza alterarne l’originalità. Qui nascono i nostri vini, figli di un processo produttivo integralmente svolto all’interno dello storico edificio.
Dalla lavorazione delle uve, all’affinamento e all’imbottigliamento, per poi riposare al buio delle stanze interrate, ricavate da alcune di quelle che prima erano cisterne.
Tutto, nel cuore del palmento, racconta della nostra storia contadina, fondendosi con la tecnologia ed il progresso vitivinicolo.
Storia e tecnica, è questo il binomio sul quale poggia la nostra azienda familiare.
Orgogliosi di aver ridato vita ad un luogo significativo, della cultura e della civiltà agricola ed enoica, profonda identità, quasi dimenticata, di una terra antica.